Il mio articolo sul jazz-rock nella webzine di Princefaster ha subito creato alcune perplessità, specie in chi non ha avuto la pazienza di seguirne il ragionamento.
Dopo anni in cui, al netto dei dischi di Miles Davis, avevo messo quella fase storica del jazz e dei suoi derivati, specie quella degli anni '80, nel dimenticatoio, mi era tornata la voglia di fare chiarezza e dare voce a un nuovo modo di rileggere quella musica (in particolare dopo la morte di Allan Holdsworth, etichettato dalla stampa specializzato come chitarrista "fusion").
Avevo vissuto direttamente quel periodo e ne conoscevo perfettamente i vari protagonisti ed è un fatto, che specialmente quelli anni '80, si siano praticamente dissolti come neve al sole negli anni successivi.
I protagonisti dell'era "fusion" restano nella memoria degli over 50 ex fans di quegli anni o nel bagaglio di qualche strumentista che ne studia il virtuosismo.
Mi era già chiaro allora che la "fusion" fosse un universo complesso nel quale erano stati infilati a forza protagonisti di altre stagioni.
Avevo consapevolezza della natura commerciale e del contenuto effimero di moltissimi prodotti, anche se conditi da qualità tecnica esecutiva.
Mi è sembrato opportuno, a distanza di anni, provare a fare il punto di quel periodo in una nuova ottica recuperando dall'oblio ottimi lavori dei due decenni, ma con le dovute distinzioni.
Il jazz-rock, con le sue affinità al prog, si è dimostrato un vasto contenitore di dischi da recuperare, la fusion degli anni '80 è stata, invece, un calderone nel quale abbondavano i prodotti ammiccanti e spensierati, moltissimi dei suoi protagonisti, sono rimasti volutamente nel dimenticatoio.
Bravissimi supertecnici produttori di melodie ruffiane adatte alle sale d'aspetto e agli ascensori sono premeditatamente fuori dalla mia playlist rievocativa.
Ciò non toglie che la loro abilità tecnica possa restare da riferimento per gli strumentisti contemporanei, quella resta fuori discussione.
http://www.princefaster.it/40-dischi-jazz-rock-fusion-imperdibili-viaggio-nella-con-fusion/
Dopo anni in cui, al netto dei dischi di Miles Davis, avevo messo quella fase storica del jazz e dei suoi derivati, specie quella degli anni '80, nel dimenticatoio, mi era tornata la voglia di fare chiarezza e dare voce a un nuovo modo di rileggere quella musica (in particolare dopo la morte di Allan Holdsworth, etichettato dalla stampa specializzato come chitarrista "fusion").
Avevo vissuto direttamente quel periodo e ne conoscevo perfettamente i vari protagonisti ed è un fatto, che specialmente quelli anni '80, si siano praticamente dissolti come neve al sole negli anni successivi.
I protagonisti dell'era "fusion" restano nella memoria degli over 50 ex fans di quegli anni o nel bagaglio di qualche strumentista che ne studia il virtuosismo.
Mi era già chiaro allora che la "fusion" fosse un universo complesso nel quale erano stati infilati a forza protagonisti di altre stagioni.
Avevo consapevolezza della natura commerciale e del contenuto effimero di moltissimi prodotti, anche se conditi da qualità tecnica esecutiva.
Mi è sembrato opportuno, a distanza di anni, provare a fare il punto di quel periodo in una nuova ottica recuperando dall'oblio ottimi lavori dei due decenni, ma con le dovute distinzioni.
Il jazz-rock, con le sue affinità al prog, si è dimostrato un vasto contenitore di dischi da recuperare, la fusion degli anni '80 è stata, invece, un calderone nel quale abbondavano i prodotti ammiccanti e spensierati, moltissimi dei suoi protagonisti, sono rimasti volutamente nel dimenticatoio.
Bravissimi supertecnici produttori di melodie ruffiane adatte alle sale d'aspetto e agli ascensori sono premeditatamente fuori dalla mia playlist rievocativa.
Ciò non toglie che la loro abilità tecnica possa restare da riferimento per gli strumentisti contemporanei, quella resta fuori discussione.
http://www.princefaster.it/40-dischi-jazz-rock-fusion-imperdibili-viaggio-nella-con-fusion/
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