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Vangelis e Blade Runner, misteri e leggende

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Blade Runner l’epopea della colonna sonora di Vangelis


L‘uscita di “Blade Runner 2049” ha riacceso i riflettori sul film originario divenuto di “culto” nel corso degli anni anche grazie alla colonna sonora composta da Vangelis.
La realizzazione di un sequel di un film entrato nell’immaginario collettivo è stata un’impresa difficile e ha scatenato in rete inevitabili discussioni sia sul lavoro del regista Denis Villeneuve che sul commento sonoro di Hans Zimmer e Benhamin Wallfish.
Ma la storia della colonna sonora di “Blade Runner” è più intricata di quanto si pensi e questo articolo ne ripercorre la storia.
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Cacciatori Di Pecore Elettriche

Quando, nel 1982, il film di Ridley Scott “Blade Runner” uscì nelle sale, uno degli elementi che colpì l’immaginario popolare fu la colonna sonora del compositore greco Vangelis Papathanassiou.
Membro del gruppo rock degli Aphrodite’s Child, popolari nella seconda metà degli anni 60, allo scioglimento della formazione Vangelis aveva intrapreso una proficua carriera solistica. La sua musica, per tutti gli anni 70, si divise fra composizioni di musica assoluta e colonne sonore, in ambedue i casi la sua produzione si fondava su un largo impiego di sintetizzatori.
Lo stile di Vangelis si fondava su brani semi-sinfonici, che risentivano del progressive-rock in voga negli anni 70, rafforzati da un gusto melodico mediterraneo ma capace di usare sonorità elettroniche graffianti.

Nel 1982 Vangelis aveva appena vinto il premio Oscar per la migliore colonna sonora per il film di Hugh Hudson “Chariots of Fire” (Momenti di Gloria, 1981).

Il tema dei titoli, una melodia neoclassica eseguita sul pianoforte, si sorreggeva su un telaio di sequenze di sintetizzatore e tappeti elettronici sinfonicheggianti. L’ottimo gusto e l’originalità nella programmazione dei timbri elettronici fu, per tutti gli anni 70 e 80, una delle caratteristiche distintive del sound del tastierista ellenico.
Tratto dal romanzo del visionario scrittore statunitense Philip K. Dick, “Do Androids Dream of Electric Sheep”? (Ma gli androidi sognano pecore elettriche?, 1968 ) il film di Scott propone un immaginario inedito per la fantascienza cinematografica, capace di influenzare generazioni di autori successivi  e che spinse decine di produzioni cinematografiche seguenti ad attingere dai romanzi e dai racconti di Dick.

Philip Kindred Dick (Chicago, 16 dicembre 1928 – Santa Ana, 2 marzo 1982)

fu un autore prolifico capace di immaginare universi nei quali convergevano critica sociale, introspezione psicologica, allucinazione psichedelica, deliri mistici e insofferenza politica; vinse il premio Hugo nel 1962 per “The Man High Castle” (La Svastica sul Sole) in cui immaginava un mondo ucronico nel quale le potenze dell’Asse si spartivano gli USA dopo aver vinto la guerra e la sua visione è alla base di molta letteratura successiva, cyberpunk compreso.
Pur semplificando le componenti dell’universo immaginato da Dick nel romanzo, Ridley Scott proponeva un mondo globalizzato deformato pesantemente dall’inquinamento ambientale e dalla crisi sociale in cui i confini tra vita reale e biotecnologie si sovrapponevano.
A rendere ancora più futurista la messa in scena audiovisiva interveniva una colonna sonora completamente elettronica in cui affioravano spunti sonori multietnici.

Anche gli androidi sognano sintetizzatori analogici

Si tratta del massimo capolavoro del tastierista greco, sia la scrittura dei temi che la scelta delle timbriche sarà cosi originale e adeguata alla narrazione cinematografica che il commento sonoro vivrà di vita propria divenendo punto riferimento per centinaia di musicisti e autori delle generazioni successive.
La pasta sonora è resa caratteristica dall’impiego di sintetizzatori analogici, in particolare lo Yamaha CS80, altri strumenti Roland (ProMars, Jupiter-4, la batteria elettronica CR-5000 e il vocoder VP-330 Vocoder Plus) oltre a un Sequential Circuits Prophet-10, lo Yamaha GS1 e dall’ uso dell’ innovativo campionatore E-mu Emulator.
Siamo all’alba delle nuove tastiere a sintesi digitale (FM, Distorsione di Fase etc) come il Yamaha DX7 o il Roland D50, ma la scelta di Vangelis di fare un impiego prevalente di sintesi analogica si dimostra vincente: il sound della colonna sonora di Blade Runner è ancora oggi attualissimo.
L’uso di grandi quantità di reverbero e di campioni di voce e suoni etnici esalterà l’atmosfera oscura e multiculturale della società della Los Angeles piovosa del 2019. Intervengono nel soundtrack di Vangelis ospiti come l’ex membro e vocalist degli Aphrodite’s Child, Demis Roussos, la cantante Mary Hopkin in “Rachel’s Song”, il sassofonista Dick Morrisey e il cantante Don Percival sul brano anni’ 40 “One More Kiss‚ Dear”.
Ridley Scott inoltre aveva utilizzato stralci sonori di altri autori come “Harps Of The Ancient Temples” di Gail Laughton o frammenti di “Ogi no Mato” dell’ Ensemble Nipponia.
Nella scrittura della colonna sonora Vangelis aveva dapprima suonato in studio di registrazione il suo parco di strumenti elettronici guardando in videocassetta scene dal film per creare i suoni sonori atmosferici e successivamente ha scritto i brani improvvisando in sincronizzazione con le immagini sullo schermo.
Ha anche utilizzato i sintetizzatori per produrre sia suoni diegetici che non diegetici come le esplosioni che si vedono all’inizio della pellicola.
La colonna sonora del film di Scott diverrà immediatamente un successo commerciale e uno degli elementi centrali della collocazione di Blade Runner fra le pellicole di “culto”.
Nel 1983 riceve la nomination come migliore colonna sonora per il Golden Globe Award e per il British Academy of Film and Television Arts BAFTA Award. Il tema dei titoli finali “End Theme” e il “Love Theme” divengono hit da classifica.
Ma qui inizia il mistero che avvolge la colonna sonora di uno dei film di fantascienza più amati di tutti i tempi.
Nel booklet dell’edizione della colonna sonora originale pubblicata da Warner e Atlantic nel 1994, quindi 12 anni dopo, Vangelis scrive:
“La maggior parte della musica contenuta in questo album proviene da registrazioni che ho fatto a Londra nel 1982, mentre lavoravo sulla colonna sonora per il film Blade Runner. Trovandomi nell’impossibilità di pubblicare queste registrazioni all’epoca; è con grande piacere che possa farlo adesso. Alcuni dei brani contenuti saranno noti dalla colonna sonora originale del film, mentre altri appaiono qui per la prima volta. Guardando indietro le immagini potenti e suggestive di Ridley Scott mi hanno stimolato come prima, e ha reso la ricompilazione di questa musica, oggi un’esperienza piacevole.” (VANGELIS, Atene, aprile 1994).

Il Mistero della New American Orchestra

Quindi quali musiche vennero diffuse discograficamente nel 1982 andando addirittura nella classifiche di vendita? Nel 1982 venne pubblicata dalla Warner Elektra Atlantic (WEA) una riproduzione orchestrale di una parte della colonna sonora realizzata dalla New American Orchestra. Ovvero venne diffusa una colonna sonora risuonata ex novo da un’orchestra che nulla aveva a che vedere con il commento sonoro originale e che prevedeva solo alcuni dei temi presenti nel film.
Questa riproduzione orchestrale di alcuni temi del film vedeva la discesa in campo di alcuni “turnisti” di grande fama negli Stati Uniti come il sassofonista fusion Tom Scott nel “Love Theme” e il tastierista Ian Underwood, che aveva fatto parte delle Mothers of Invention di Frank Zappa e che si dimostrerà inadeguato nell’ingrato compito di ricostruire le timbriche di Vangelis.
Complesso è il lavoro di Patrick Williams, Eddie Karam e Angela Morley alle prese con fantasiose ricostruzioni orchestrali delle musiche originali che in alcuni casi sono pallide imitazioni del lavoro del compositore greco.
Questa operazione dimostrerà ancora di più come la pasta sonora e la ricerca timbrica effettuata sull’elettronica da Vangelis fossero determinati alla costruzione dell’identità sonora del soundtrack e che quindi fosse irriproducibile con un altra strumentazione.
Solo nel “Love Theme”, in “One More Kiss‚ Dear” e nei titoli di coda la New American Orchestra riuscirà a produrre delle versioni accettabili per lo meno in grado di ingannare il pubblico, ma in realtà si tratta di cover insipide e banali del lavoro originale di Vangelis.
Si ignorano le cause che impedirono l’uscita della colonna sonora originale specialmente considerando l’enorme successo che questa ebbe al momento dell’uscita del film e di quanto importante fosse stato il contributo delle musiche di Vangelis alla riuscita stessa della pellicola.
Si ipotizzano contese fra l’autore e la major, fatto sta che i fan accaniti del film corsero ai ripari.

Trent’ anni di versioni pirata

Per dodici anni girarono varie versioni, alcune delle quali si dimostreranno più esaurienti della colonna sonora autentica di Blade Runner che sarà pubblicata nel 1994. Si sono fatte varie ipotesi sulla provenienza di questo materiale.
Nel 1982 comparve un primo nastro pirata che si sospetta potesse provenire da un tecnico del suono con accesso alla pellicola del film che conteneva 13 brani.
E’ il 1993 e la “Off World Music, Ltd.” produsse un CD bootleg più completo del successivo ufficiale di Vangelis del 1994 contenente 18 brani.
Nel 1995 uscì un ulteriore disco pirata in 3000 copie della rumena “Gongo Music” che presenta per la maggior parte lo stesso materiale di “Off World” ma con un brano diverso.
L’edizione detta “Deck Definitive” dell’etichetta giapponese “Deck Art” pubblicata nel 2001 in 500 copie, contiene invece 27 tracce.
Nel 2002 è emersa anche la “Esper Edition”,  seguita da “Los Angeles, November 2019” nel 2003 della stessa etichetta fantasma argentina, un album che contiene solo gli ambienti di Blade Runner tratti sia dal film che dal gioco della Westwood con l’aggiunta di “Reve” (dall’album “Opera Sauvage”) e di un pezzo inutilizzato da “The Bounty”.
La “Esper Edition” è considerata la più completa raccolta di brani dalla colonna sonora dato che mischia brani della versione ufficiale, della “Congo Music” e stralci dal film stesso uscito originariamente in versione doppia con 33 brani.
Ecco una spiegazione, estratta da un’intervista ufficiale agli autori di Esper, che spiega il metodo attraverso il quale questi dischi sono stati realizzati e con quale metodo filologico:
Contrariamente alle speculazioni che ho letto su questo argomento in rete, non abbiamo ottenuto una nuova musica di Vangelis Blade Runner che non fosse già in circolazione.
Piuttosto, abbiamo semplicemente utilizzato le risorse esistenti fra pubblicazioni pirata, ufficiali e da altre private come Deck Art, Memoirs 7, Euterpe, release 2001, VHS 1982, così come dal rilascio ufficiale Warner, ovviamente.
Queste versioni contengono tutti pezzi del puzzle, ma nessuno di loro ha mai messo tali pezzi nell’ordine giusto, o li ha mescolati bene.
Abbiamo prestato molta attenzione a seguire cronologicamente le sequenze della pellicola e si è fatto un attento mixaggio per fare correre le tracce oltre ad alcuni patchwork e transizioni intelligenti (ad esempio su “Damask Rose“). Infatti, la musica che non appariva nel film era un po’un problema, perché volevamo prendere la cronologia degli eventi dal film e ricordo particolarmente il problema di dove mettere “Damask Rose” finchè non la avvicinammo alla sequenza del Sushi Bar dove calzò perfettamente.
Abbiamo anche dovuto decidere, per i temi con più versioni disponibili, quale versione utilizzare. Ad esempio, a seconda del rilascio originale, temi come “Tales from the Future”, “Blade Runner Blues” o “End Titles” variano notevolmente in lunghezza. Abbiamo anche deciso di utilizzare la versione “ click and hiss” di “One More Kiss, Dear” dal rilascio del 2000, perché abbiamo apprezzato l’effetto vinile di quel remix.
Una nota veloce: ‘Memoires 7’ e il suo successore, ‘Deck Art’ sono entrambi provenienti da una versione del film preparata per il doppiaggio Cosa significa? Ebbene, è una copia del film destinata ai mercati stranieri (ad esempio, Spagna, Francia, ecc.) in cui il distributore (in questo caso Warner) possiede un suo ramo locale e in quei paesi le voci originali attori sono doppiate nella lingua locale. Quindi, ciò che è davvero unico in queste versioni è che contengono tutto SENZA dialogo: in altre parole, si sente solo la musica, il suono, ecc. (da http://media.bladezone.com/esper.php)
 L’edizione bootleg Esper è stata aggiornata nel 2007 con il titolo ‘Retirement’ composta da sei dischi (cinque CD-DA e un DVD-ROM) e dall’edizione 2011 “Blade Runner – Esper Edition – The Definitive Collectors Edition” in 4 CD che contiene anche le versioni di quattro brani della colonna sonora reinterpretati da Frank Klepacki per la game version della Westwood.

Il ritorno di Vangelis

Nel 1989, Vangelis pubblica “Themes” , un album compilation con musica inedita anche tratta da alcuni dei suoi film.
L’album include  “End Titles”, “Memories of Green” e “Love Theme” di Blade Runner , questa è la prima apparizione delle versioni originali di quelle tracce provenienti dal film.
Nel 1994 la Warner/Atlantic pubblica la versione ufficiale attualmente in circolazione, che contiene 12 brani. Una versione che propone molto materiale del film ma giudicata insufficiente e filologicamente non coerente con la cronologia del film e che quindi non interrompe ma incrementa la pubblicazione di dischi illegali con altre versioni del soundtrack.
Nel 2007 esce una versione in triplo CD per il 25esimo anniversario dell’uscita del film “Blade Runner Trilogy” che propone altro materiale e outakes di varia provenienza sempre scritte ed eseguite da Vangelis.
Come si è letto nello stralcio di intervista ad Esper, quindi ad uno dei gruppi di appassionati che rappresenta uno dei tasselli della “mitizzazione” di “Blade Runner” attraverso il culto delle sue musiche questo non ha arrestato la diffusione in rete delle versioni alternative  che si è allargata anche attraverso il file sharing.
Questo dipende da alcune caratteristiche inusuali della sonorizzazione di “Blade Runner”:
a) la continua sovrapposizione fra suoni della colonna sonora e suoni diegetici (quindi di scena);
b) l’approccio atmosferico ambientale di molti interventi di Vangelis che si dipanano per molte scene quasi ininterrottamente;
c) la conseguente pervasività della colonna sonora che in un modo o nell’altro è presente per tutta la durata del film;
L’edizioni ufficiali tendono a proporre, ma solo in minima parte, alcuni di questi elementi, trattando il materiale audio come una normale colonna sonora, ovvero una pubblicazione di brani distinti.
Le versioni pirata, includendo anche suoni diegetici e atmosferici, creano un unicum sonoro sequenziale dalle capacità evocative del percorso narrativo del film e del suo immaginario. Sono di fatto un altro livello di comunicazione, stavolta non visiva, del racconto e del suo universo diegetico.

Un altro Blade Runner

Sono stati fatti molto paralleli fra la colonna sonora di Vangelis e la sonorizzazione di Hans Zimmer e Benjamin Wallfisch. Indubbiamente Ridley Scott e Denis Villeneuve hanno messo i due autori difronte a un’eredità ingombrante.
I tempi di uscita di “Blade Runner 2049” sono troppo recenti per una valutazione, a freddo, del valore e dell’impatto che la componente sonora del film ha e avrà nel futuro, ma escludendo eventuali critiche di tipo cinematografico alcune considerazioni sono possibili.
Innanzi tutto ci si trova d’innanzi, per quanto sia un sequel, ad una pellicola diversa dal “Blade Runner” del 1982, sia nello spazio e nel tempo, ma anche nella regia e nel modo sostanzialmente differente di concepire la colonna sonora.
Il lavoro di Vangelis, per quanto avveniristico e anticipatorio, non sfuggiva alle logiche dell’epoca che pretendevano per un film dei temi melodici di spessore che avrebbero dovuto contraddistinguere il film e avere un destino discografico successivo.
La scrittura delle colonne sonore, salvo alcune eccezioni collegabili proprio ai film di tipo fantastico, era ancorata ad una concezione orchestrale e con la stesura di temi che caratterizzavano le specifiche scene, che poi venivano riproposti varie volte, secondo criteri di variazione tipiche della musica classica tardo ottocentesca, retaggio di una classe di autori di provenienza accademica che egemonizzava il settore.
Vangelis, per quanto il suo approccio si sia dimostrato innovativo, non poteva evitare di approcciarsi al commento sonoro senza proporre alcuni temi “forti” in grado di caratterizzare il film e di consentire anche lo sfruttamento discografico della colonna sonora (che in modo schizoide c’è stato).
C’è da dire che gli stili musicali di derivazione rock della seconda metà degli anni 70 erano ancora pervasi di vari strati strumentali, densi di eventi melodici, di cambi armonici solo a partire dagli anni 90 con la diffusione massiva della musica ambient e della nuova musica elettronica la popular music e il mondo della colonna sonora, che ne è inevitabilmente influenzato, hanno preso una direzione più essenziale.

La colonna sonora di Hans Zimmer e Benjamin Wallfisch è quindi più in linea con la tendenza contemporanea a proporre sonorizzazioni essenziali ma capaci di coordinarsi agli eventi filmici nel coinvolgere il pubblico nel flusso narrativo.

I lunghi reverberi e i suoni sintetici, che richiamano anche solo timbricamente il capolavoro di Vangelis, ci sono. Le atmosfere evocate da Hans Zimmer e Benjamin Wallfisch sono tendenzialmente coerenti con l’immaginario di “Blade Runner” ma gli sviluppi formali dei brani sono completamente diversi, le melodie sono minimaliste se non appena abbozzate, tutto si concentra sulla capacità timbrica di evocare sensazioni e ambienti.
Solo la scena finale riprende il tema (Tears in Rain ) del film originario, e questo inserimento si amalgama perfettamente nell’universo sonoro di “Blade Runner 2049”.
Probabilmente la nuova colonna sonora non avrà la capacità della precedente di alimentare migliaia di estimatori e di ri-orientare il gusto e le tendenze della musica elettronica ma è una produzione di altissima qualità, che arricchisce con nuove idee l’universo visionario  di “Blade Runner”.
Alex “Amptek” Marenga

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