Diffido sempre dei dischi troppo osannati dalla critica, specie quella meno affine all’underground e all’universo della sperimentazione musicale. Certo vedere James Blake acclamato da “The Guardian” o “The Indipendent” fa riflettere su quanto sia più utile avere un buon ufficio stampa piuttosto che delle idee musicali innovative. Ma è necessario individuare quali possano essere i punti oggettivi di valore o di caduta presenti nel lavoro di questo cantautore britannico per effettuare una recensione corretta. Emerge quindi una prima definizione oggettiva: si tratta di un cantautore, sgombrando quindi il campo dagli equivoci in questo senso. Lo scenario è quello che vede la contaminazione fra indi-pop e una certa elettronica inglese ormai divenuta dilagante, grazie anche alle politiche della Warp e di altre label sempre protese ad inseguire prodotti, che anche se con qualche riverberazione elettronica, siano spendibili nell’universo, più redditizio, del pop. E in questo con...
electronic musician and producer